DAVIDE CASARI

DAVIDE CASARI

dal 18 maggio 2005 al 31 maggio 2005

Libreria Bocca - Galleria Vittorio Emanuele II 12, 20121 Milano

Le opere di Davide Casari, sono il riflesso diretto, evidente e tangibile, del rigore che pervade la sua ricerca artistica, ancorché avulsa da qualsiasi tentativo di classificazione e collocazione.
Addentrandosi nel suo percorso creativo, che da vari anni porta avanti con passione febbrile, egli non dimentica le radici, e guarda al passato, lo studia, lo analizza e ne trae profitto.
La riflessione sulla “Deposizione dalla Croce” di Pietro Lorenzetti, affrescato nella basilica inferiore di San Francesco in Assisi, diviene motivo propulsore per una rivisitazione acuta dell’opera.
Il dramma è composto, e Casari lo riafferma con figure longilinee e delicate, affrante ma speranzose. I corpi spogli, dalla pelle di carta, sono stratificati di parole stampate, che l’artista sbuccia e logora fino a renderle incomprensibili, liberandole dalla rigida certezza interpretativa. L’accanimento creativo non si ferma e, con lo smembramento dell’ambiguità simbolica di quei corpi, giunge alla trasfigurazione della loro forma visibile.
Così, la figura perde l’identità originale ed è scomposta in frammenti che si prestano a essere ricomposti in modo vario, come le parole che formano una frase e che possono essere accostate in maniera diversa, infinita, cambiando ogni volta il significato del messaggio che intendono comunicare.
Casari scolpisce un libro, e ogni capitolo è accuratamente ricomposto nel suo contenitore, nell’urna etrusca che riporta in vita rituali antichi e non dimenticati del tutto. Il rito è ciò che accompagna ogni gesto dell’artista, che si materializza misteriosamente con l’opera d’arte.
La partecipazione sensibile al dramma della vita umana, che lo caratterizza come persona e come artista, trova sostegno nelle parole che Primo Levi esprime in “Se questo è un uomo”, filo conduttore di una profonda meditazione e di un’efficace esternazione formale.
Casari, non è il “cantore” di Levi, ma riconosce nella sua opera un motivo d’introspezione profonda, un riferimento straordinario per meditare lungamente la disperazione e la speranza dell’umanità, e anche della persona, e gli rende omaggio.
L’attenzione alle parole diviene elemento determinante: attingere da quel messaggio intenso e drammatico significa sviscerare sistematicamente la materia contenuta in esso, per poi restituirla nella scultura.
La solida forma del cassa etrusca si riveste di frasi in rilievo, oculatamente scelte dall’opera leviana, che rendono esplicita la descrizione del dramma umano. Il florilegio di citazioni è raccolto sempre più dal profondo ed è ponderato intimamente, fino a distillarne l’essenza.
Le parole s’insinuano nello spazio e la loro immediatezza è lenita con depositi materici stratificati da secoli di storia, che attutiscono e allo stesso tempo acuiscono le emozioni: parole che allora si possono “sentire”, più che leggere, e diventare una sorta di solido pro-memoria per tutti.
Qui, i sarcofaghi rituali degli enigmatici etruschi politeisti s’incrostano con schegge del dramma storico del monoteismo ebraico e ospitano frammenti tangibili della vicenda umana del Dio cristiano.
Le sculture di Casari, però, raccontano pure di dubbi insistenti, di intuizioni inaspettate, di folgoranti certezze, di soluzioni audaci e, soprattutto, di arte pura. La trascodificazione dei significati simbolici si completa, e ciascun elemento perde la sua identità, per ritrovarne una nuova nell’unità dell’opera d’arte.

Riccardo Scotti

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