L'ORINZONTE E IL VULCANO Sergio Dangelo Giorgio Moiso

L'ORINZONTE E IL VULCANO Sergio Dangelo Giorgio Moiso

dal 28 maggio 2005 al 12 giugno 2005

Libreria Bocca - Galleria Vittorio Emanuele II 12, 20121 Milano

Singolarità del tutto

Due artisti di chiara fama orchestrano in questa mostra con prospettiva aerea le molteplicità meravigliose dei segni e dei colori che la creazione umana sa riunire in un singolo artefatto, mirabile per la singolarità del tutto che esso può racchiudere. Sergio Dangelo distende tanta molteplicità sulla linea dell'orizzonte, come su un pianoforte. Viceversa, Giorgio Moiso può liquefare il molteplice tra l'interno e l'esterno di un vulcano, facendolo esplodere implodere come in un tamburo. Entrambi usano le mani e la lente della mente, ma con quanta diversità. Ciò che la società del lavoro chiamerebbe un tavolo di concertazione o per i circoli dell'arte costituirebbe un principio di poetica condivisa, altro non è che l'abbracciarsi fugace di due universi paralleli, temporaneamente disposti a trasfondersi ai nostri occhi tentacolari, prima che essi rientrino nella loro singolare unità e dopo averci dato maggior sete di visione. Questa mostra è simile a una sonda planetaria per l'esplorazione del nostro immaginario. La sua logica letteraria l'assimila al volo di uccello lungo un orizzonte che include un vulcano – punti di repere suggeriti da Dangelo – in virtù dell'azione senza fine, e dunque totale, che la loro conquista cognitiva implica ovunque si guardi, tanto al terrestre quanto al cosmico. Ripreso dalla prima mostra di Albisola Capo nel 1997 in cui Dangelo e Moiso collaborarono strettamente con interventi anche a quattro mani, il titolo di questa mostra, “l'orizzonte e il vulcano”, racchiude una prospettiva mentale dell'esplorazione più che un tema figurativo. Lavorare in tandem può condurre lontano. Si ricorderà che all'inizio del Novecento Georges Braque e Pablo Picasso stabilirono uno schivo sodalizio nell'ideare il nuovo linguaggio che un cronista di nome Vauxelles avrebbe malignamente tacciato di cubismo. Dal 1908 in poi, i due artisti, l'uno ancora emergente e l'altro già famoso, dipinsero le loro primizie una volta all'anno da Khanweiler, finché nel 1911 non irruppe Juan Gris, non meno innovativo. 

Con il risultato che nel 1913 tutti gli artisti più svelti tra la vulcanica Parigi e gli orizzonti esotici si erano scoperti cubisti; dando ragione in ciò al detto di Duchamp secondo il quale il due è ancora una coppia e il tre è già una folla. Il lavoro collettivo, così caro alla polifonica attività di Sergio Dangelo non solo come artista ma anche in quanto promotore di infaticabili convogli creativi, e così frequentato da Giorgio Moiso non solo come pittore ma anche in quanto musicista jazz ed artefice di band musicali, tanto più si rivolge alla società quanto più si domanda, non come creare, ma perché il creare. Dangelo e Moiso fanno arte: perché? La seconda domanda è: che ci fa l'arte nel mondo? Si aggiunga pure nello specifico che entrambi dipingono; che le pitture dell'uno sono molto diverse dalle pitture dell'altro, ovviamente; che la differenza evidente consente di allacciarsi fugacemente in un paso doble a questi artisti abituati a ballare coi lupi; e che il loro incontro produce, come vediamo, un plusvalore linguistico. Ma non è un duetto, la scena delle opere di Moiso e Dangelo che dialogano tra loro, bensì una sfida tra il molteplice e il singolare. Una sfida alla solitudine e alla separatezza dell'arte laddove promette attimi di fusione. Nel 1993, Dangelo ha impresso il sigillo sulla costituzione di un gruppo neoavanguardista, il “Nuovo Proun”, accogliendo le pressioni dei numerosi artisti che guardano a lui come a una enciclopedia vivente, oltre che a un protagonista, delle ragioni delle avanguardie storiche. E' il sigillo dell'antistile di un surrealista rigoroso ma non bigotto che ha valicato tutti i confini. “il riferimento non è tanto al costruttivismo in sé, quanto all'idea di Lissitskij di creare un arte in cui i riferimenti convenzionali di alto e basso, destra e sinistra, perdessero valore. Il Proun era un totale”, ha precisato Dangelo in un a lunga conversazione con Ginevra Quadrio Curzio (2004). E ha proseguito:”con un ragionamento piuttosto semplice mi sono detto che anche i quadri di Jackson Pollock o del tachisme mirano in definitiva allo stesso scopo, cioè al totale. Così il 'Nuovo Proun' ha cominciato a raccogliere artisti diversissimi tra loro, ma accomunati da questo modo di vedere. Oggi siamo tutti eredi di questo modo di intendere la pittura, che non ha più una base, non ha più un alto, ma è cosmica.”

Tommaso Trini

Milano, aprile 2005

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